di Laura Romano
Da circa mille anni Casalduni è dominato da un magnifico castello la cui presenza, nella parte più alta del borgo, è stata da sempre un rassicurante punto di riferimento per la popolazione, in quanto sede del “regio potere” e strumento di difesa di un territorio estremamente ricco.
Attestazioni sicure sul periodo di costruzione non vi sono ma, molto probabilmente, va di pari passo con la fondazione e trasformazione di quello che in origine era un piccolo gruppo di abitazioni, un vero e proprio centro abitato produttivo situato nelle vicinanze del Regio tratturo e della Via Francigena (utilizzati rispettivamente per la transumanza e il commercio).
Questo periodo corrisponde alla fase dell’incastellamento, ossia la costruzione di castelli a opera di feudatari che crearono una forte rete difensiva territoriale. Casalduni viene menzionato per la prima volta nel Catalogus Baronum nel XII secolo come “Casale di Caselatorre” feudo del milite Tommaso Fenucchio. A lui seguirono nobili proprietari legati agli Angioini che al tempo erano alla guida del Regno delle Due Sicilie. Si parla di casate importanti come i Carafa e i Caracciolo intorno ai quali, con il tempo, sono nate le leggende dei Duchi tiranni di Casalduni. Dalla fine del XVI secolo fu proprietà di altre nobili famiglie finché nel 1980, ormai in stato di profondo abbandono, è stato rilevato dall’amministrazione comunale che si è occupata del suo restauro.
Nel 1997 il castello è stato finalmente riaperto al pubblico e oggi ospita eventi culturali, gastronomici ed eleganti cerimonie.
Il sentiero che conduce al maniero porta il visitatore, una volta raggiunta la sommità della collina, a ritrovarsi avvolto da uno scenario suggestivo che lo trasporta indietro nel tempo. È emozionante ripercorrere gli stessi luoghi vissuti da personaggi di alto rango, in cui si sono succeduti eventi di alta rilevanza storica e avere la possibilità di vedere con i propri occhi la straordinaria potenza di cui è capace la natura.
Il Castello di Casalduni, infatti, è fronteggiato da un’enorme rupe divisa a metà, rivelando l’effettiva violenza del sisma che colpì il centro nel 1688, lasciando quasi miracolosamente intatta la cappella di San Rocco che, col passare del tempo, è diventata parrocchia. Si può dire che i lavori di restauro non hanno intaccato il fascino e l’aura di antichità e mistero del maniero. Camminando tra gli ambienti interni o soffermandosi anche solo all’esterno, si può respirare e toccare con mano un passato che si manifesta ancora in tutto il suo splendore.
Alla fortezza sono associate due torri d’avvistamento; una nei pressi del castello e l’altra in contrada Ferrarisi, dove si trova una taverna (oggi rudere) costruita secoli fa e utilizzata per il ristoro di soldati, commercianti e allevatori che passavano di lì per immettersi sul tratturo. Questi edifici, per la loro funzione e posizione strategica, furono utilizzati non solo dai soldati normanni prima e angioini e aragonesi poi, ma anche da briganti e partigiani che ebbero un ruolo fondamentale per le vicende legate all’Unità d’Italia.
Tutte queste testimonianze storiche offrono la possibilità di vivere un percorso che segue una linea temporale che parte dal periodo medioevale per attraversare il Rinascimento e arrivare fino all’età contemporanea. Partendo dalla contrada Ferrarisi, alla scoperta della prima torre e della taverna, si giunge sulla sommità della collina su cui sorge il maniero (e una piccola area picnic) per poi continuare la passeggiata lungo il fiume Alente, in località Terravecchia, per osservare antichi mulini e pastifici i cui resti si trovano a ridosso di una bellissima cascata.
Dal Medioevo al Rinascimento il passo è breve, poiché basta giungere nel centro storico di Casalduni per ammirare le testimonianze di un abitato costruito intorno al 1500, quando si sopravviveva grazie al commercio di bestiame, olio e vino.
Una vita serena e fatta di cose semplici, cosi come in alcuni casi lo è ancora oggi, raccontata nel Museo Contadino “La vita d’ ‘na vota” dove si conclude il nostro viaggio temporale volto al racconto di Casalduni.
Foto di Gianfranco Vitolo
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